domenica, settembre 25

A Bout de Godard




Andare al cinema e vedere Godard fa' molto intellettualoide fighetto.Di conseguenza, non so' perche', mi aspettavo la sala stracolma, raduni di
massa, delirio.Infatti, dopo un'inizio tranquillo e 30 persone al massimo,la fiumana e' arrivata mentre sullo schermo brillava il monoscopio e la solita musica del cazzo ad accompagnare l'attesa.
Il Lab80.
E' bello essere tornati.




Fin dalla prima scena, un Belmondo in primo piano con una sigaretta
che sembra un cannone, comincio a sorridere. Di Godard
avevo visto poco (un paio di cortometraggi a CortoPotere dell'anno
scorso) ma la struttura e' la stessa che ricordavo : stacchi forsennati,
dialoghi serrati in spazi ristretti con una struttura "interna" quasi
teatrale, con i personaggi che si agitano, si baciano, litigano.
Insomma, vivono. Vivono con una passione forsennata che "buca" lo schermo.

Il cinema di Godard (e tutta l'opera dei registi che sono stati poi "codificati" come
'Nouvelle Vague', a quanto leggo) e' rottura degli schemi e del linguaggio dell'epoca,
sia dal punto vista cinematografico che dei "costumi" sociali, che per me vuol
dire "moderno" (in senso buono) e attualissimo (era il 1960, voglio dire!), con
un ritmo che non molla un'attimo, invidiabile. Come ho letto da qualche parte,
la 'Nouvelle Vague' e la sua vitalita' sono stati un buon affare sia per i
i "conservatori" quanto per gli "innovatori" del cinema, ed e' inutile fare
paragoni tra due correnti stilistiche a tutti gli effetti :
Godard e i suoi amici (a un certo punto si vede un cinema che
proietta "Hiroshima mon amour"!) sono la nuova generazione, e come tutti
gli alfieri di una nuova epoca devono qualcosa a chi li ha preceduti e saranno i
modelli dei loro posteri.



- Fra la tristezza e il nulla, scelgo la tristezza.
- Che sciocchezza. Io scelgo il nulla. La tristezza e' un compromesso.
Io voglio tutto o niente.


- Tu ci pensi mail alla morte? Io sì. Continuamente.



La morte, la morte incombente avvolge tutto il film, dall'omicidio
iniziale (e la lunga corsa del protagonista nei campi) al tragico
finale (con la carrellata a seguire del protagonista ferito che arranca
verso la sua fine).
Questa funerea presenza e' in perenne contrasto,pero', con
Michel, affascinante ed odioso, e il suo modo di affrontare la vita,
instabile e precario, senza fermarsi mai ("vieni a Roma con me")
perche' la fine e' li' che aspetta, inevitabile.Il Destino e' gia' scritto.

E infine lei, Jean Seberg, amante irraggiungibile, musa dei dannati,
speranza e tormento: I suoi occhi e il suo sorriso valgono da soli
tutto il film. Un buon inizio, alla fin fine.

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